Job Hopping: cos’è e perché è una tendenza in crescita

Job Hopping: cos’è e perché è una tendenza in crescita

Il job hopping è una tendenza in crescita nel mercato del lavoro. Spinte dalla ricerca di nuove sfide professionali, a quanto pare, sono sempre di più le persone che passano da un’azienda all’altra con regolarità e volontariamente.

Anche se è importante non generalizzare, poiché il salto di lavoro non è per tutti, a quanto pare il buon vecchio posto fisso non è più così appetibile agli occhi delle nuove generazioni. Infatti, i giovani professionisti sembrano preferire un lavoro a progetto e una carriera ricca di esperienze, al posto del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In particolare, nei settori più innovativi e tecnologici, come il digitale.

Dunque, anche se c’è stato un tempo in cui cambiare spesso lavoro era considerato un tratto negativo nel profilo di un candidato, questo aspetto sembra oggi acquisire valore positivo. Dopotutto, le aziende devono crescere rapidamente in un mercato sempre più competitivo e hanno bisogno di figure professionali ambiziose, competenti e con eccellenti capacità comunicative.

Ma il job hopping è la strada giusta? Le aziende apprezzano davvero questa tendenza? Vale la pena approfondire e capire quali siano i vantaggi e gli svantaggi che porta con sé. Facciamolo subito.

Che cos’è il job hopping

Letteralmente, job hopping si traduce come saltare da un lavoro all’altro. Quindi, si riferisce proprio alla tendenza di una persona nel cambiare azienda molto spesso. Questo fenomeno evidenzia come il posto fisso abbia perso buona parte della sua attrattiva, per lasciare spazio alla voglia di cambiamenti e carriera.

Ma il job hopping attecchisce molto meglio in un mercato del lavoro flessibile e stabile. Dunque, sembrerebbe essere una chimera per l’Italia, visti gli alti tassi di disoccupazione che caratterizzano il nostro Paese, con picchi che si aggirano addirittura intorno al 30%. Di fatto, il fenomeno riguarda soprattutto le nuove generazioni.

In particolare, ad essere coinvolte, sono la generazione Y, quella dei millennials nati tra il 1980 e il 1995, ma ancora di più la generazione Z, quella nata subito dopo, tra il 1995 e il 2010. Le conseguenze per le aziende si fanno sentire in termini di turnover. Dunque, è necessario fare i conti con una cultura lavorativa che sta cambiando e che privilegia benessere personale ed etica aziendale.

Perché i giovani cambiano lavoro

Se è vero che a rendere possibile il job hopping è un mercato del lavoro flessibile, è anche vero il contrario: il mondo del lavoro in Italia sembra apparire ostile per i giovani, che si vedono così costretti a continui cambiamenti per trovare un’opportunità in linea con i propri interessi e aspirazioni.

In molti casi, il rapporto tra millennials e job hopping si basa sulla necessità di raggiungere una posizione dignitosa. Ma non è solo questo. Le ragioni che spingono i job hoppers a cambiare lavoro sono da ricercare oltre gli aspetti retributivi. L’etica conta sempre di più. Le persone vogliono lavorare in un’azienda che rispecchi i propri valori.

Inoltre, i millennials fanno job hopping perché danno importanza alla crescita professionale, mentre troppo spesso si sentono poco coinvolti e riconosciuti sul posto di lavoro. Anche le condizioni strettamente organizzative hanno un peso notevole: eccessivo carico di lavoro, orari troppo rigidi e disorganizzazione interna, demotivano le persone e le inducono a cercare situazioni che consentano una più efficiente gestione del tempo.

L’equilibrio tra vita privata e vita professionale è diventato uno degli aspetti più importanti nel mondo del lavoro, con un forte impatto sia sulle persone che sulle aziende.

Vantaggi e svantaggi del job hopping

Una volta chiariti i motivi principali che inducono al job hopping, è opportuno chiedersi se cambiare lavoro tanto spesso sia davvero cosa buona. Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi per i job hoppers?

Partiamo dagli aspetti positivi:

  • la dinamicità nel mondo del lavoro consente di diventare più flessibili e competitivi. Allo stesso tempo, dà prova di adattabilità, curiosità e coraggio. Inoltre, mettersi in gioco consente di arricchire il proprio bagaglio di competenze;
  • cambiare azienda, e magari anche mansioni, è un modo per ampliare i propri contatti e aprire a nuove opportunità di lavoro;
  • incrementa le possibilità di guadagni più elevati, anche perché ci si allena a negoziare e a migliorare la capacità di contrattazione.

Tuttavia, c’è il rovescio della medaglia:

  • cambiare lavoro di continuo può anche significare poca specializzazione; 
  • trovarsi sempre in un ambiente nuovo non permette di approfondire la propria professionalità. Un job hopper non ha la possibilità di vedere gli effetti del suo lavoro sul lungo periodo, si preclude l’occasione di imparare e si assume una responsabilità d’azione limitata nel tempo;
  • un CV da cui si evince una chiara tendenza al job hopping trasmette poca lealtà all’azienda e poca stabilità professionale.

Job hopping: una sfida per le aziende

Il job hopper può essere causa di problemi nelle aziende per diversi motivi. Prima di tutto, assumere e inserire nuove persone nello staff comporta un investimento in termini di tempo e denaro. C’è da selezionare le risorse, fare formazione, dare loro il tempo di ambientarsi. Si calcola che una persona neoassunta inizi a diventare veramente produttiva dopo i primi sei mesi. Se cambia lavoro dopo un anno, ma anche dopo due anni, il suo contributo alla causa aziendale può dirsi troppo breve.

In più, il job hopping inficia la stabilità dell’impresa e fa vacillare il rapporto di fiducia tra realtà aziendale e risorse umane. Viene meno quel senso di appartenenza che è fondamentale alle aziende per compattare la propria forza motivazionale e far emergere anche all’esterno il proprio “perché”. Ogni volta che un job hopper se ne va, l’equilibrio nel team viene infatti alterato ed è probabile che anche la motivazione delle risorse che restano ne sia intaccata.

La selezione del personale: come un’azienda può evitare il job hopping

Come fare allora? Vediamo alcuni aspetti a cui le aziende devono fare attenzione per ridurre la tendenza al job hopping:

  • offrire un ambiente di lavoro dinamico e stimolante;
  • garantire occasioni di formazione;
  • investire in percorsi di carriera;
  • sostenere l’equilibrio tra vita privata e lavorativa;
  • favorire un clima positivo di ascolto e collaborazione; 
  • garantire salari soddisfacenti e welfare aziendale.

In poche parole, si tratta di mettere le persone al centro. Prendersi cura delle risorse umane è un modo per aumentare il coinvolgimento dei dipendenti ed è un aspetto cruciale del benessere aziendale.  

Senza dubbio, oltre ad un’accurata strategia di employment branding, tutto parte da un efficace processo di selezione del personale e da un sistema di onboarding aziendale che dia valore alle risorse umane. Perciò, quando valuti l’assunzione di nuovi talenti, le cose importanti sono:

  • capire le motivazioni;
  • indagare le aspirazioni della persona candidata;
  • assicurarsi che i suoi valori siano in linea con quelli aziendali;
  • immaginare che possa inserirsi positivamente nelle dinamiche del gruppo di lavoro.

Non necessariamente le aziende devono scartare un job hopper. I motivi che lo hanno spinto a cambiare lavoro potrebbero essere quelli che lo inducono a restare nella tua azienda.

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