Pause al lavoro: frequenza e durata secondo le normative

Pause al lavoro: frequenza e durata secondo le normative

È ormai assodato che le pause al lavoro siano fondamentali per il benessere e la produttività dei tuoi dipendenti. Ma quali sono le normative che le regolano? Qual è la frequenza e la durata di queste pause? Dovrebbero essere retribuite, oppure no?

Svolgere l’attività lavorativa per un numero eccessivo di ore consecutive può portare a conseguenze negative sia sulla salute delle persone che sulla qualità delle loro performance. Certo, molto dipende anche dal tipo di lavoro svolto, ma le pause sono comunque indispensabili per preservare il benessere dei lavoratori e garantirti prestazioni ottimali.

Quindi, facciamo il punto sulle normative che regolamentano le pause al lavoro, poiché sapere come gestirle è cruciale nell’organizzazione della tua azienda.

Cosa intendiamo per pause al lavoro

La pausa di lavoro è un’interruzione dell’attività, un momento di break durante il quale ci si distrae dall’impegno professionale per ricaricarsi di energia e ritrovare nuova concentrazione. Quindi, è fondamentale per la salute di chi lavora, ma è anche molto utile per ritrovare la concentrazione giusta e aumentare la produttività

Ciò nonostante, le pause al lavoro sono spesso vissute con un senso di colpa, poiché c’è la percezione di non adempiere al proprio dovere. Il fatto è che viviamo in una società ossessionata dal risultato e lavorare il più possibile sembra essere l’unico mezzo per raggiungerlo. Ma lo stacanovismo sul lungo periodo è deleterio. Può arrivare a consumare la motivazione, produrre un impegno di scarsa qualità, indurre all’errore e condurre al burnout.

La verità è che le pause durante l’orario di lavoro possono essere molto fertili in termini di creatività, concentrazione ed energia. In più, sono ottimi momenti per socializzare e, di conseguenza, risultano efficaci per accrescere la collaborazione all’interno del team di lavoro. Tant’è che le pause al lavoro sono regolamentate da specifiche normative.

Pause al lavoro: qual è la normativa di riferimento

Prendersi una pausa sul lavoro è un diritto riconosciuto dalla legge (D.lgs. 66/2003). In particolare, i Contratti Collettivi Nazionali stabiliscono quante pause devono essere riconosciute in base alle ore di lavoro. Mentre all’azienda spetta definire quando i dipendenti possano staccare la spina in base alle proprie esigenze organizzative. 

Pausa caffè

In generale, ogni lavoratore o lavoratrice ha diritto a una pausa di almeno dieci minuti, a patto che l’orario di lavoro sia minimo di 6 ore. È la cosiddetta pausa caffè, necessaria per sgranchirsi le gambe, scambiare due chiacchiere, allontanare lo sguardo dallo schermo del computer e magari prendere proprio un caffè.

Utilissimi per ridurre lo stress, anche solo 10 minuti possono bastare per tornare all’opera con rinnovata concentrazione e qualche idea in più. Il datore o la datrice di lavoro può accordare più di 10 minuti di pausa al lavoro, ma non di meno.

Staccare da un lavoro dopo molte ore di concentrazione e impegno, aiuta a liberare la mente, stimola la creatività e aiuta a trovare nuovi approcci a problematiche che appaiono irrisolvibili. Quindi, in conclusione, a trarne beneficio è sia il lavoratore, a livello di salute, che l’azienda, dal punto di vista della qualità del lavoro svolto dai suoi collaboratori.

Pausa pranzo

A differenza di quanto indicato nel D.lgs. 66/2003, che non la nomina in modo specifico, la disciplina dei Contratti Collettivi Nazionali considera la pausa pranzo obbligatoria. Si tratta di un momento di rifocillamento indispensabile, il cui valore psicofisico è ormai riconosciuto da tutti. In particolare, la pausa pranzo:

  • è un diritto per tutte le persone impegnate per almeno 6 ore lavorative;
  • va goduta dopo un massimo di sei ore di attività continuativa;
  • dura almeno mezz’ora.

Ciò significa che la pausa pranzo può anche coincidere con la pausa caffè, ma nessun datore o datrice di lavoro può negarla. Nemmeno prospettando un compenso per lavoro straordinario (Circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro). 

Inoltre, il tempo dedicato alla pausa pranzo non può essere frazionato. Anzi, è buona norma prevedere uno spazio che superi i 30 minuti, talvolta raggiungendo anche le due ore. Per quanto riguarda la durata e la collocazione oraria, l’ideale è accordarsi con lo staff. Lo scopo è quello di incontrare le esigenze di ogni persona, motivare i collaboratori e mostrare loro che l’azienda comprende le loro esigenze e ne riconosce il contributo. 

Pause al lavoro: eccezioni

Ci sono alcune categorie di lavoratori e lavoratrici per cui sono previste eccezioni alla normativa sulle pause al lavoro. Dopotutto, la tipologia di lavoro svolto può avere implicazioni diverse sia a livello fisico che mentale.

Ad esempio, i videoterminalisti, ovvero coloro che lavorano davanti a un computer per almeno 20 ore alla settimana, devono poter fare una pausa di minimo 15 minuti ogni 2 ore. Tuttavia, tale pausa può anche riguardare un semplice cambio di attività, che consenta al lavoratore di staccarsi dal videoterminale. Naturalmente, in questo caso, l’obiettivo non è solo quello del riposo, ma di prevenire disturbi visivi o posturali.

Per coloro che si occupano del trasporto di merci o persone, è previsto un riposo intermedio di 30 o 45 minuti, a seconda che l’orario di lavoro sia tra le 6 e le 9 ore, oppure superi le 9 ore. Lo scopo è garantire la sicurezza, ma anche tener conto della natura usurante del lavoro stesso.

Infine, ci sono alcune tipologie di lavoratori escluse dalle pause al lavoro di dieci minuti, poiché il loro orario è già di per sé flessibile: collaboratori familiari, dirigenti, telelavoratori e lavoratori a domicilio o lavoratori mobili.

Retribuzione per le pause al lavoro

Per quanto concerne la retribuzione, secondo la normativa né la pausa caffè né la pausa pranzo sono retribuite. Quindi, risultano escluse dal calcolo delle ore lavorate. Ciò significa che non possono essere vietate. In pratica, come già sottolineato, l’azienda non può barattare una pausa di lavoro con un compenso straordinario. 

Al contrario, l’azienda può prevedere delle pause di lavoro più lunghe e includerle comunque nell’orario lavorativo. Del resto, le pause al lavoro sono importanti. Difficile lavorare bene senza.

I benefici delle pause al lavoro

La percezione che il tempo sia denaro inizia a cedere sempre più il passo a un’idea che riconosce il valore delle pause al lavoro. Dopotutto, il tempo dedicato al lavoro deve essere di qualità, se vogliamo ottenere risultati che sostengano la crescita dell’azienda. Un carico eccessivo e senza pause può essere più deleterio e controproducente di quanto si pensi.

Dunque, la pausa lavorativa è un mezzo per ritrovare energia e tutelare il benessere fisico, mentale e psicologico dei collaboratori, poiché:

  • riduce lo stress;
  • migliora l’umore;
  • consente di alimentare il coinvolgimento tra colleghi e colleghe, per migliorarne le performance in gruppo;
  • stimola la creatività;
  • rinnova la motivazione;
  • aiuta a ritrovare la concentrazione.

Infine, le pause al lavoro accrescono la produttività e risultano quindi molto vantaggiose anche per le aziende. Tuttavia, diversi contesti lavorativi richiedono approcci personalizzati. In fondo, i lavoratori non sono tutti uguali, ogni persona porta con sé un bagaglio di esperienze, conoscenze, abilità ed etica sul lavoro differenti.

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