Welfare aziendale: cos’è e come il COVID-19 l’ha cambiato

Welfare aziendale: cos’è e come il COVID-19 l’ha cambiato

Il welfare aziendale può essere una leva di crescita post-pandemica? L’emergenza sanitaria da COVID-19 ha cambiato le nostre vite e ci ha sottratto molte certezze. Tuttavia, ha offerto anche l’opportunità di scardinare le inerzie che rallentavano i processi evolutivi, come la digitalizzazione delle imprese e un approccio più flessibile al mondo del lavoro. Cambiamenti necessari ben prima che la pandemia tuonasse prepotente, evidenziando i limiti delle nostre carenze istituzionali.

Il welfare aziendale è lo strumento che può svolgere la funzione di tessuto connettivo tra imprese e comunità, iniettando nuove certezze ed energie. Ma a patto che gli sia permesso di evolvere. Servono strategie che consentano di integrare le tradizionali forme di assistenza e tutela garantite dallo Stato, per assicurare ai lavoratori il benessere necessario a fare di più e meglio.

D’altronde, i numeri dimostrano che non solo le grandi realtà imprenditoriali, ma anche le PMI orientate a strategie efficaci di welfare aziendale, possono ottenere risultati di business migliori. Vediamo insieme quali sono queste strategie, nonché i processi indispensabili per incontrare le necessità di imprese e lavoratori in un prossimo futuro post COVID-19.

Welfare aziendale: cos’è e che impatto ha sui lavoratori

Iniziamo facendo un piccolo passo indietro: cos’è il welfare aziendale? Possiamo definirlo come l’insieme di beni e servizi che un’impresa garantisce ai propri dipendenti allo scopo di migliorarne la vita privata e lavorativa.

Questo approccio porta vantaggi non solo ai lavoratori, ma anche all’azienda stessa. Oltre all’utilità derivante dal bene o servizio, ci sono anche dei pro a livello fiscale e contributivo. Ciò che l’impresa offre come benefit non viene tassato, o lo è solo in parte. Alcuni beni e servizi che possono rientrare nel welfare aziendale sono:

  • buoni pasto;
  • assicurazioni;
  • palestra;
  • rimborso spese sanitarie;
  • asili e scuole;
  • abbonamento al trasporto pubblico;
  • mensa aziendale;
  • corsi e master;
  • buoni spesa (supermercati, benzina, ecc.);
  • agevolazioni per prestiti e mutui, ecc.

Ma non ci sono solo beni e servizi orientati a un risparmio economico. Esistono forme di welfare aziendale non materiali, come la possibilità di lavorare da casa o la flessibilità dell’orario di lavoro. Sono tutte forme di “benessere” orientate a migliorare la vita delle persone, motivarle e consentirgli di esprimere il loro massimo potenziale.

Tuttavia, con l’arrivo della pandemia, le priorità sono cambiate. I beni materiali, per quanto ancora importanti, sono passati in secondo piano, lasciando emergere necessità non tangibili, che vanno a minare la stabilità emotiva, fisica ed economica delle persone. Di conseguenza, anche le iniziative di welfare aziendale devono evolvere.

I temi fondamentali riguardano le politiche del lavoro, quelle sanitarie, nonché sociali e familiari. Per le singole aziende è un quadro complesso da affrontare in ambito di welfare aziendale. Dunque, sarà indispensabile il supporto concreto da parte dello Stato, che dovrà garantire un intervento economico e strutturale in grado di dare stabilità al sistema sociale.

Sarà il modo in cui il mondo del lavoro evolverà a determinare gli effetti sulla ripresa e la crescita del nostro paese. Aziende e lavoratori hanno bisogno di risorse per gestire dinamiche in continua evoluzione. Servono flessibilità e garanzie di stabilità.

Il nuovo welfare aziendale post COVID-19

Il welfare aziendale ha sempre svolto la funzione di acceleratore nelle situazioni di crisi, sia per le imprese che per i loro dipendenti. Anche dopo il COVID-19 il suo obiettivo deve restare lo stesso, ma in un nuovo scenario, con dinamiche che richiedono un approccio diverso. I bisogni cambiano e anche le risposte dovranno accompagnare questa evoluzione.

Allo stesso modo, il ricorso allo smart working è stato un approccio di crisi, che dovrà essere ridisegnato nelle politiche di welfare aziendale. Quindi, non è possibile contare solo sui possibili benefici che l’impresa può offrire. Serve la condivisione di servizi essenziali per prevenire le possibili evoluzioni future e mantenere una stretta relazione tra aziende e territorio.

Dunque, non stupisce affatto, se tra i diversi benefit sarà necessario inserire attività di svago, sport e di supporto psicologico. Nulla può essere lasciato al caso, nell’ottica di consentire ai propri collaboratori di trovare la serenità necessaria. Come stiamo per vedere, la direzione intrapresa è quella giusta, ma servirà un maggiore coinvolgimento delle aziende e il supporto costante dello Stato.

Il welfare d’impresa genera impatto sociale ed è una leva di crescita fondamentale

Per capire quanto il benessere dei dipendenti stia diventando il centro di molte policy aziendali, basta soffermarsi su quanto emerso dal rapporto Welfare Index PMI 2021. Nell’arco di 6 anni, le imprese con un livello di welfare elevato sono passate dal 9,7% al 21%. E la percentuale più significativa riguarda proprio le misure attuate per affrontare la pandemia.

Negli ultimi 2 anni, il 42,7% delle aziende che hanno attuato iniziative di welfare aziendale, le hanno rese strutturali e permanenti. Quindi, il cambiamento è di visione globale: le imprese agiscono come soggetto sociale, non più solo come soggetto economico, sfruttando il welfare d’impresa come leva di crescita e connessione tra ambito lavorativo e comunità.

Questo nuovo tipo di welfare aziendale sostiene le priorità presentate nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ovvero, il documento che il governo ha stilato per illustrare alla Commissione Europea come il paese intenda investire i fondi del programma Next generation Eu. Un approccio che pone come fattori chiave lavoro, salute, giovani, donne, famiglia e comunità.

I dati del Welfare Index PMI 2021 ci dicono che le imprese attive nel welfare aziendale hanno:

  • promosso l’assunzione di donne (salita al 42%);
  • integrato nuovi giovani lavoratori (51,2%);
  • avviato iniziative che riguardano la salute dei dipendenti e delle loro famiglie (22%);
  • avviato programmi a sostegno della comunità (56%).

L’importanza di investire nel welfare e renderlo parte della propria strategia aziendale avrà effetti diretti anche sulla produttività. Il 55% delle imprese che lo mettono in pratica ha registrato un ritorno positivo sulla produzione.

Il motivo è molto semplice: se i collaboratori si sentono tutelati e il loro ruolo viene riconosciuto, si crea benessere e sicurezza. Agevolare la costruzione di un ambiente lavorativo basato sulla fiducia, positivo e proattivo, non solo genera una maggiore produttività, ma diviene terreno fertile per creatività e sviluppo.

Se dobbiamo trarre un insegnamento da questa pandemia, è ritenere il welfare aziendale importante quanto le strategie di business. Sono proprio le attività con un piano welfare integrato e avviato che hanno saputo reagire meglio in questo periodo piuttosto sfidante.

L’importanza d’investire nel welfare aziendale

Periodi di crisi o particolarmente difficili, come quello che stiamo ancora passando, possono iniziare da un momento all’altro e senza nessun’avvisaglia. Solo le aziende orientate a investire nel benessere dei propri dipendenti sapranno affrontare meglio il mare in tempesta. Ecco perché il welfare aziendale si è trasformato in un aspetto di primaria importanza.

Tuttavia, per costruire basi solide serve flessibilità. Non c’è welfare che tenga, se in azienda sono presenti collaboratori poco inclini a soddisfare le necessità progettuali d’impresa, molte azioni andranno sprecate. Servono forme contrattuali che consentano alle aziende di muoversi con dinamicità nel mercato. Ma i processi di selezione del personale richiedono tempo, competenze specifiche e hanno un forte impatto economico.

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